Girato interamente in canada, tra British Columbia e Yukon, seguendo l’attività stagionale del geologo Sandro Frizzi, il documentario ripercorre il viaggio dei fratelli trentini Silvio e Clemente Boldrini, che a fine Ottocento presero parte alla leggendaria gold rush del Klondike. Come ogni estate, il moderno prospector viaggia da Vancouver sino a Dawson City, cittadina ai confini con l’Alaska, aun paio di centinaia di chilometri dal Circolo Polare Artico, dove l’estate del sole di mezzanotte si anima ancora della frenetica attività di migliaia di avventurieri, cercatori d’oro, geologi e minatori: nella città dove nessuno chiude a chiave la porta di casa Frizzi riprende contatto con i compagni di squadra, c’è il serbo Ljubomir Perunovic, esperto di ricerche con esperienza quarantennale, c’è il giovane russo Max Michailichev, studente di filosofia che si paga gli studi lavorando l’estate, e c’è il canadese Tim Liverton, geologo e anche ministro laico anglicano, che d’inverno si prende cura delle parrocchie anglicane di Watson Lake e di Dawson City. I moderni prospector utilizzano gli stessi metodi di un secolo fa per sondare il terreno, in attesa che le imprese minerarie si facciano avanti; gli incontri in miniera, in paese o all’ufficio minerario dove ancora basta firmare un pezzo di carta e giurare sulla Bibbia per avere in concessione un lotto di terreno, proprio come fece Clemente Boldrini di cui gli autori del documentario hanno recuperato il documento originale datato 1899, confermano la particolarità unica e senza tempo di una terra di frontiera dove gli uomini più diversi rispondono al richiamo del Klondike.
La storia parallela dei fratelli Boldrini è raccontata dalla voce fuori campo che legge stralci dal diario pubblicato nel 2008 dalla Fondazione Museo Storico (Gold. Silvio and Clemente Boldrini in the Klondike & Nome Gold Rushes, 1898-1899, a cura di Patrizia Marchesoni e Cesare Cornella).