Nell’intervista Patrizia Cestonaro si concentra principalmente sull’esperienza migratoria del nonno e solo verso la fine parla della sua emigrazione dal Belgio all’Italia. Il nonno, nato nei primi anni del Novecento, aveva preso parte alla Seconda Guerra Mondiale e aveva vissuto la grande povertà seguita all’armistizio che caratterizzò la penisola italiana. Come molti uomini del tempo decise di tentare fortuna all’estero, in Belgio, dove aveva la certezza di trovare lavoro grazie all’accordo fra i governi italiano e belga, conosciuto come accordo uomo-carbone. La realtà dei fatti era però diversa da come era stata dipinta nelle campagne pubblicitarie: il lavoro in miniera e in cava era molto pericoloso, i lavoratori non avevano diritti e le abitazioni a loro concesse erano in realtà delle baracche. Essendo legato per contratto, fu comunque costretto a rimanere a Charleroi dove vivrà fino al 1968, anno del rientro in Trentino. L’esperienza migratoria di Patrizia è invece opposta a quella del nonno. Nata a Charleroi, in Belgio, nel 1965, trascorre la sua infanzia a Bruxelles. Con l’arrivo della sorella più piccola, i genitori decidono di tornare in Italia, dove trovano presto lavoro. Da allora Patrizia vive in Trentino e lavora come segretaria all’Istituto Agrario di San Michele. Il tema dell’integrazione in paesi stranieri, oltre alla descrizione del lavoro in miniera e alle difficili condizioni di vita, è uno dei fili conduttori dell’intervista.