Argentina

America latina

 

Il 1861 è la data che segna l'inizio della storia repubblicana dell'Argentina. Dopo mezzo secolo di sanguinose lotte per il potere e di guerre per il consolidamento dei confini venne proclamata la Repubblica argentina con capitale Buenos Aires.

Dal 1862 al 1880 alla guida del Paese si successero tre presidenti: Bartolomé Mitre (1862-68), Domingo Faustino Sarmiento (1868-74) e Nicolás Avellaneda (1874-80). Nel corso di questi vent'anni l'attenzione dei governi si concentrò sul rafforzamento dell'unità nazionale e sullo sviluppo economico del Paese. Venne dato un notevole impulso alla sua modernizzazione con la costruzione di linee ferroviarie e strade, lo sviluppo delle tecniche di allevamento del bestiame e di conservazione della carne e l'istituzione di un sistema scolastico nazionale senza eguali in America Latina. A partire dal 1875 l'Argentina, che aveva una densità di popolazione bassissima, per realizzare questi importanti piani di sviluppo ebbe bisogno di richiamare dall'Europa un gran numero di lavoratori con le più differenti qualifiche e professionalità.

Nel 1876 venne varata un'apposita legge per incentivare l'ingresso dei lavoratori nel Paese. La legge sull'Immigrazione e sulla Colonizzazione (detta legge Avellaneda) prevedeva una serie di aiuti come la riduzione del prezzo della traversata, l'assegnazione di una casa e di un terreno, la fornitura di bestiame, di sementi e di attrezzi da ripagare nel tempo. Solo la terra non era riscattabile e sarebbe sempre rimasta di proprietà dello Stato.

Alla fine degli anni '70 dell'Ottocento un altro fattore diede impulso alla richiesta di lavoratori dall'estero. Nel 1879 il generale Julio A. Roca guidò l'ultima campagna di conquista dei territori indigeni. Con 6000 uomini armati di moderni fucili forniti dagli Stati Uniti d'America occupò la Patagonia sterminando gli indios. Altri lavoratori vennero richiamati dall'estero per coltivare le vaste e fertili pampas. I gruppi di immigrati che dall'Europa giunsero a coltivare le estese pianure argentine erano molto spesso formati da famiglie che si trasferivano con l'intenzione di non tornare più in patria. Esisteva anche un'immigrazione di tipo stagionale, formata dai cosiddetti golondrinas (rondini), giovani che si trattenevano in Argentina per la stagione dei raccolti, lunga e fruttuosa grazie alle dimensioni del Paese e alle diversità delle colture.

Nel 1924 un'ulteriore facilitazione per l'espatrio dei potenziali agricoltori fu la creazione della Compagnia Italo – Argentina di Colonizzazione che acquistò 5000 ettari di terra nella valle del Rio Negro e fondò Colonia Regina, un insediamento abitativo in cui si stabilirono numerose famiglie provenienti dal Trentino. L'emigrazione italiana verso l'Argentina ebbe dimensioni considerevoli: in mezzo secolo, dal 1880 al 1930, si ebbero infatti 2.6 milioni di ingressi. L'Italia si collocava come primo Paese di provenienza con il 47% degli arrivi (la Spagna solo al secondo posto con il 33% nonostante la facilitazione della lingua). Per quel che riguarda l'emigrazione dei trentini va tenuto presente che fino al 1918 essi erano cittadini dell'Impero austro-ungarico pertanto fino a quella data risultano esclusi dai dati statistici relativi all'Italia. La consistenza del flusso dal Trentino all'Argentina registra fino al 1914 circa 12mila partenze dalle valli e dai paesi del Trentino, di cui circa 5000/7000 già entro il 1890.

Nel secondo dopoguerra si ebbe un altro momento di intensa immigrazione, seppure limitato nel tempo. Mentre l’Europa era prostrata dalle conseguenze del conflitto, l’Argentina si trovava invece al centro di un tentativo di sviluppo messo in opera dal presidente Juan Perón, basato su un'espansione rapida e moderna dell'industria, a tutto svantaggio dell'agricoltura. Tra il 1947 e il 1955 per realizzare questi piani di sviluppo vi fu una consistente richiesta di operai e artigiani specializzati. Per quel che riguarda il Trentino bisogna ricordare l'esperienza della Società Cementi Armati Centrifugati (Scac). L'azienda, fondata a Mori nel 1920 raggiunse un successo tale da aprire filiali nel resto d'Italia e all'estero. Nel 1949 venne inaugurata la sede argentina a San Nicolàs e per avviarla vennero chiamati operai esperti che già lavoravano nelle sedi italiane.

Le politiche economiche e sociali di Perón in un primo momento furono molto apprezzate dalla classe dei lavoratori soprattutto per l'aumento dell'occupazione e dei salari, ma già nel 1950 la situazione economica del Paese peggiorò a causa del disinteresse nei confronti dell'agricoltura che costituiva la principale voce di esportazione. L'aver trascurato lo sviluppo dell'agricoltura portò il Paese a non avere le risorse finanziarie per sostenere l'industria. Le tensioni sociali crebbero fino a culminare nel colpo di stato che pose fine al regime di Perón nel 1955. In seguito la situazione politica dell'Argentina si fece sempre più instabile, i colpi di Stato si susseguivano e il Paese non aveva più le attrattive di un tempo. Contemporaneamente le condizioni di vita in Italia andavano migliorando e al nord si sviluppava quell'apparato industriale moderno che avrebbe traghettato il Paese fuori dalla miseria.

Il legame dei trentini emigrati, e dei loro discendenti, con la terra di origine è in molti casi ancora vivo. Si manifesta attraverso l'istituzione di circoli e associazioni nella terra di adozione e, in alcune occasioni, in iniziative anche sul territorio trentino. È questo il caso del sanatorio Argentina di Arco. L'edificio, che nel periodo austro-ungarico era un albergo di lusso, venne abbandonato dopo l’annessione del Trentino all’Italia. Nel 1924 fu acquistato dall’Opera nazionale invalidi di guerra che lo ristrutturò come sanatorio per tubercolotici proprio grazie alla donazione di un milione di lire da parte degli emigrati italiani in Argentina.testo


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