Il Messico per tutto il XIX secolo soffrì di una forte instabilità politica che non migliorò nemmeno con la dichiarazione di indipendenza dalla Spagna del 1821. A questa fecero seguito decenni di lotte per il potere e di guerre con gli Stati Uniti per il possesso dei territori di confine. L’ascesa al governo del generale Porfirio Diaz nel 1876 pose fine alla fase di aperta conflittualità. Diaz instaurò una dittatura relativamente mite che durò 25 anni. La sua azione di governo si focalizzò nel favorire gli investimenti stranieri, la costruzione della rete ferroviaria e la colonizzazione agricola. Queste politiche economiche favorirono lo sviluppo del Paese a vantaggio delle classi medie e alte, andando ad accentuare il divario tra i possidenti e le fasce più povere della popolazione. Anche se il governo non aveva elaborato una vera e propria legislazione in materia di immigrazione e colonizzazione, nel 1890 si poterono contare 22 stabilimenti coloniali (12 del governo e 10 privati), 6 dei quali occupati da coloni di provenienza italiana: veneti, trentini, lombardi e piemontesi. Per quel che riguarda i trentini va tenuto presente che fino al 1918 essi erano cittadini dell’Impero austro-ungarico, quindi non di cittadinanza italiana. Ciononostante, considerando l’esperienza dell’emigrazione in Sud America, i trentini si sono mossi assieme ai veneti: sia perché l’arruolamento avveniva su un territorio omogeneo, che includeva parte del Trentino austriaco nella zona della montagna veneta, sia perché spesso si trattava in entrambi i casi di agricoltori di montagna che condividevano analoghe condizioni di vita.
L’emigrazione dal Trentino al Messico ha un illustre predecessore in padre Eusebio Chini. Il gesuita giunse nel 1685 a Città del Messico, fondò la prima missione della regione e nei successivi 26 anni si fece apprezzare per gli insegnamenti di agricoltura e artigianato che seppe trasmettere. Una presenza più diffusa dei trentini in Messico è attestata già all’inizio del XIX secolo seppur in maniera sporadica. I perteganti del Tesino costituiscono i primi casi noti di emigrazione trentina nel continente americano anticipando di 70 anni le grandi migrazioni del periodo della cosiddetta “febbre americana”. Si trattava di una categoria di venditori ambulanti dotati di capitali, crediti e conoscenze dei moderni meccanismi del mercato e del commercio con l’estero. In prevalenza commerciavano stampe di soggetto religioso con didascalie in spagnolo che venivano importate dall’Europa attraverso i porti francesi.
A partire dalla metà del XIX secolo la classe dirigente messicana si rese conto che l’immigrazione europea poteva essere la soluzione alla bassa densità di popolazione del Paese, che limitava lo sfruttamento delle terre e del sottosuolo. Nel 1858 venne quindi organizzata l’immigrazione di un primo gruppo di 237 coloni italiani (lombardi e genovesi) nella zona di Veracruz. La loro colonia venne però falcidiata dalla malaria nel giro di soli quattro mesi.
Verso il Messico non si ebbero dal Trentino grandi ondate migratorie, furono poco più di mille le partenze tra il 1881 e il 1914 e per lo più concentrate tra il 1881 e il 1882. All’inizio del 1881 l’ambasciatore messicano in Italia firmò un contratto con la società di navigazione Rovatti di Livorno per il reclutamento e l’invio in Messico di due contingenti di agricoltori dall’Italia settentrionale: 500 persone in prima battuta e poi altre 200. Nella primavera del 1881 il Trentino venne quindi invaso dai volantini che pubblicizzavano la proposta del governo messicano. Le condizioni erano molto allettanti: possesso della terra, esenzione dal servizio militare e dal pagamento delle imposte, sussidi per l’avvio dell’attività, facilitazioni per l’esportazione dei prodotti agricoli in patria e corrispondenza gratuita con i luoghi di provenienza. Risposero alla chiamata 103 famiglie di cui 45 trentine (le altre venete e lombarde) per un totale di 431 persone. La colonia si trovava nella zona di Huatusco, territorio dal clima tropicale mitigato dall’altitudine di circa 1000 metri. La colonia Manuel Gonzáles era stata progettata con cura con lotti di terreno di diverse dimensioni da assegnare a famiglie più o meno numerose. Era stata prevista la costruzione di un piccolo villaggio con un medico, una scuola, un interprete e un tipografo. All’arrivo dei coloni gli interventi che ancora mancavano erano molti e ci vollero anni perché tutti i terreni e le attività connesse cominciassero a dare i frutti sperati. In ogni caso, da un rilevamento del 1902 fra le sei colonie agricole italiane, la Manuel Gonzáles risultò al primo posto per capitale complessivo. Molti coloni con il passare del tempo riuscirono a comperare altre terre e ad avviare attività commerciali o artigianali di successo.
All’inizio del 1882 giunsero dall’Italia altre 1513 persone, un terzo delle quali provenienti dal Trentino. Questo secondo gruppo subì una sorte più infelice di coloro che l’avevano preceduto. La traversata si svolse in condizioni igieniche pessime che causarono la morte di decine di persone, soprattutto bambini, anche nelle settimane seguenti allo sbarco. Una volta a destinazione le famiglie dei trentini vennero indirizzate verso la colonia Diez Gutiérrez vicino a San Luis Potosì. Viaggiarono per otto mesi, sotto il controllo dell’esercito, in condizioni di semi-prigionia attraverso la foresta equatoriale e solo nella primavera del 1883 ricevettero finalmente un lotto di terra. Le condizioni di vita e di lavoro nella colonia si rivelarono insopportabili e dopo un anno solo dieci famiglie avevano resistito. Le altre si erano trasferite (anche negli Stati Uniti) e alcune avevano preferito rientrare in Trentino. Parte dei coloni sbandati trovò lavoro nelle miniere e le notizie di questa altra fonte di guadagno attirarono, alla fine degli anni ’80, gruppi di trentini verso le miniere di Salvador e di Sierra Mojada nelle regioni di Coahuila e Chihuahua.
Un ultimo tentativo di emigrazione organizzata si ebbe nel 1923 quando venne fondata in Trentino la Cooperativa di emigrazione agricola S. Cristoforo. Tra maggio e giugno 1924 la Cooperativa organizzò la partenza di circa 250 contadini verso la Colonia Estanzuela. Dalle lettere che giunsero in patria risultò evidente che l’impresa era fallimentare. La colonia San Cristoforo fallì infatti dopo pochi mesi a causa della cattiva amministrazione e della disorganizzazione. Pochi trentini rimasero sul posto trovando altre occupazioni, mentre la maggior parte si trasferì altrove, soprattutto negli Stati Uniti.
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